il temporale sembrava aver messo a rischio il ponte, ma non ha avuto seguito. e tuttavia bisognerà aspettare ancora qulache giorno per vedere il mare. così, mentre comincia una strana festa della liberazione, dalla stazione Termini partono gli ultimi treni, carichi di stanchezza e attese: valigie leggere, per appuntamenti da mezza stagione. complice la pioggia, intanto, i topi tornano per pochi attimi padroni delle vie di Roma: come certe intuizioni, attraversano la strada velocemente e poi scompaiono.
qualcosa resta nella mente, pensieri crumiri.


Vorrei sapere chi ha spento l’amplificazione nel bel mezzo dell’esibizione di Vinicio Capossela ieri sera al concerto per l’Earth Day, al Campidoglio. Per l’esattezza nella parte finale della trance del Ballo di San Vito. Qualcuno dice che bisognava chiudere a mezzanotte e mezzanotte era passata da un quarto d’ora, ma con un po’ di buon senso, finisce il pezzo e poi se ne discute, no? Oppure finisce il pezzo e poi basta, ma cazzo, almeno fate finire la canzone.
E poi, soprattutto, lo strazio di sentire ovunque proteggi, solo la prima strofa, suonata al pianoforte, senza amplificazione: ché un concerto di Vinicio da un po’ di tempo, non può finire se non con quella canzone. Non poterla ascoltare e sforzarsi di intuire le parole, be’ quello è stato davvero troppo.

Qualcuno voleva conoscere la storia dell’uomo vivo. Ecco alcune immagini del "Gioia", dalla Pasqua di Scicli.

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Vista a posteriori, la retorica molto berlusconiana della rimonta del Partito democratico, si è rivelata assolutamente infondata. Accettando la buonafede del Pd, la si potrebbe interpretare come una assoluta distanza dalla realtà. Ma se fosse stata l’arma della campagna elettorale di Berlusconi, il giorno dopo le elezioni si sarebbe parlato di una palese falsificazione della realtà. Peccato che, quando Berlusconi ha usato la retorica della rimonta, nella campagna elettorale del 2006, la rimonta della Casa delle Libertà c’è stata davvero.

Che poi cosa significhi esattamente "tornare a casa", dove sia il mio Barrio, per intenderci, non lo so. Ma insomma, stasera sono tornato a Roma, in treno. Un treno di meridionali, come quello raccontato da Mario Perrotta in Emigranti Esprèss, ma ventotto anni dopo.  Panini e stanati di pasta per calmare la fame durante il viaggio, mamme preoccupate e un po’ tristi alla partenza e valigie troppe e troppo grandi. Un esempio dell’arte di arrangiarsi in viaggio: il portatile avvolto in una morbida sacca da scarpe azzurra di Manecchi. E poi tutti in coda davanti all’uscita un quarto d’ora prima dell’arrivo in stazione. Stretti sull’MA1 per arrivare a casa e la valigia da disfare. Da domani si torna al lavoro.

joconda

whisky bar

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troppe domande mi frullavano in testa mentre cercavo la risposta che volevano: "where’is the whisky bar?"
comparsi all’improvviso dietro la scalinata di piazza trilussa, senza ombrello sotto una pioggia leggera, quattro ragazzini stavano cercando un posto per ubriacarsi a trastevere, ma nonostante cercassi di rispondere a quella domanda, ero distratto da altri particolari.
di che squadra è quella sciarpa bianca e rossa che hanno al collo?
quanti anni avranno questi mocciosi inglesi?
di quale cazzo di whisky bar stanno parlando?
l’ultima domanda l’ho fatta ad alta voce, un po’ più cortese, intanto una voce al mio fianco ha cominciato a cantare…
"show me the way to the next whisky bar, oh don’t ask why
"

collocazioni

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Dove mi colloca il politometro di Repubblica.it



e dove mi mette voi siete qui

Per fortuna si vota ancora con la matita

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odio avere il tempo per mettere a posto i calzini

Giuseppe D’Avanzo, su Repubblica di ieri, ricorda cosa è successo nella caserma di Bolzaneto, a luglio del 2001.

* (foto da Pazzo per Repubblica)

Riguardando le immagini di quei giorni, leggendo le testimonianze di chi è stato portato in quel "lager", penso a quanto sarebbe stato facile finire lì: questione di metri, o di minuti, di posizione lungo il corteo o semplicemente di fortuna.

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