“Nel quartiere lo sapevano tutti che non era possibile farsi abortire all’ospedale anche quando si era sotto tortura e che erano capaci di farti vivere per forza, fino a quando avevi un po’ di ciccia addosso e ci potevano piantare un ago dentro. La medicina deve avere l’ultima parola e lottare fino alla fine per impedire che si faccia la volontà di Dio.” Momò, La vita davanti a sé, di Romain Gary
Quello che decide è l’immedesimazione nella vicenda di quella famiglia. Che cosa vorrei per me, che cosa vorrei per le persone che amo? E qualunque risposta particolare dia a questa domanda, c’è una cosa che non posso volere: che altri, autorità di ogni rango, ministri dello Stato e della Chiesa e della Scienza, mi esproprino della mia libertà di vivere e di morire. Adriano Sofri, la Repubblica, 4 febbraio 2009
Stare chiusi dalle 22 alle sei per un anno, per un locale serale, un pub, significa fallire: chiudere per sempre.
Ma è quello che succederà, salvo ricorsi al Tar, a più di qualche locale del Pratello, tra cui due in cui ho passato molte serate: Osvaldo e il Barazzo. Tempo passato quasi sempre fuori dal locale, sorseggiando una birra o mangiando un panino, nel rispetto degli altri. Se è un reato l’ho commesso.
I gestori di questi locali, più volte multati per l’omessa vigilanza sui comportamenti per la pubblica quiete ora dovranno chiudere tutte le sere alle dieci per un anno, secondo quanto prevede una notifica del sindaco Cofferati.
Mantenere l’ordine pubblico solo con la repressione mi sembra un fallimento politico civile altrettanto grave.
Adesso aspetto che parli il primo politologo; che spieghi che sì, ha vinto Obama, ma in questa situazione avrebbe vinto pure Hillary Clinton; che dopo otto anni di Bush e la crisi economica era normale che vincesse un democratico; che Bill Clinton aveva vinto in entrambi i mandati con un margine molto più ampio.
E magari sarebbe anche tutto vero, alla luce dei numeri, delle statistiche.
Ma quando l’analisi politica cerca di farsi scienza esatta, per misurare i flussi elettorali, i nuovi colori politici del territorio, diventa freddo calcolo. E dimentica la forza trascinante delle passioni, delle speranze (e delle paure, come abbiamo visto in Italia ma anche negli Usa, quattro anni fa); quella passione che ha coinvolto tanti giovani e “le minoranze” a sostenere Obama, anche solo portando in giro un cartoncino blu; quella speranza che ha fatto rimanere tanta gente in coda per ore sotto la pioggia davanti a un seggio.
Qualche studente si spaventerà martedì 4 novembre vedendo entrare i generali dell’esercito nelle scuole. Non sarà un golpe (salvo diverse comunicazioni successive), ma è quantomeno poco ortodosso che la storia della grande guerra non sia spiegata dai professori, ma sia raccontata da esponenti dell’esercito.
E comunque, dopo giorni di proteste, farà comunque un effetto strano la gentile irruzione dell’esercito nelle aule. Forse è per questo, per preparare psicologicamente studenti e insegnanti, che nel frattempo il governo ha mandato la polizia a presidiare il ministero dell’Istruzione.
Docenti e ricercatori della facoltà di Scienze, Università Tor Vergata, hanno fatto lezione in piazza nella periferia di Roma per portare fuori dalle aule il malessere per i tagli ai fondi degli atenei deciso dal governo. Si è parlato di significato e verità (a cavallo con la filosofia), di chimica della pittura, di nuovi materiali e della scoperta del big bang. Tra gli altri c’era anche Keplero. La pioggia ha fatto solo un breve passaggio iniziale, ma gli ombrelli hanno protetto studenti e passanti che si erano fermati ad ascoltare queste lezioni in uno spazio inconsueto.