surgery

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poche ore di attesa nella sala d’aspetto del reparto chirurgia possono annichilire un ipocondriaco, ma anche il più inguaribile ottimista ne uscirebbe un po’ preoccupato. è così poco confortante, mentre aspetti che ti trasportino in sala operatoria, scoprire che ci sono un sacco di patologie di cui non avevi mai sentito parlare, né in termini scientifici, né attraverso la spiegazione "volgare" dei pazienti e dei loro familiari ansiosi o che l’intervento prima del tuo ha avuto un imprevisto prolungamento.
anche il tragitto in barella, attraverso le corsie del reparto e su per degli ascensori tanto grandi quanto spogli, fino all’ingresso della "sala", ti dà sensazioni diverse da una puntata del dottor House, ma forse è solo una questione di punti di vista: non sei abituato a guardare il soffitto che scorre sopra di te da un piano all’altro, fino a scoprire un enorme riflettore puntato sulla tua testa (altro che occhio di bue) e un carrello pieno di ferri al tuo fianco.

il racconto si interrompe pochi istanti prima che compaia il sangue a causa di una temporanea perdita di sensibilità.

check-up

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- beve? vino, alcolici?
- occasionalmente…
- fuma?
- no
- mai fumato?
(esita, poi risoluto)
- no, mai.

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è scomparsa una tazzina a pois e skype funziona a tratti.
vado in vacanza, torno presto
.

differ

lo shuttle li lasciò davanti al parcheggio di scambio e sparì in qualche galleria. pochi passi a piedi, poi l’elevatore attraverso un condotto semiscoperto li portò all’ingresso 1. subito furono fermati e identificati dalla sorveglianza. l’uomo al posto di guardia parlò in ricetrasmittente: non avevano l’autorizzazione. immediatamente arrivarono rinforzi, quattro soldati tutti armati e in divisa. per alcuni minuti furono sorvegliati a vista, in silenzio in una stanza rettangolare: porte scorrevoli in fondo e alle spalle e una porticina su un lato. «Vogliamo solo visitare la cattedrale - provò a dire lo smilzo, per allentare la tensione - fare due chiacchiere con i fedeli».

seduti!!!, non si vede, state seduti!!!
la spagna ha battuto il primo rigore, Villa: gol. la tensione sale in piazza santa maria liberatrice, dove la sezione pd del testaccio ha messo un maxischermo per la partita con la spagna. in prima fila i giovani non ce la fanno a stare per terra; dietro, gli adulti non ce la fanno a stare in piedi.
va a battere grosso, si trova un compromesso: spettaori al centro seduti, ai lati come vi pare. gol.
Cazorla: gol. De Rossi: parato. Senna: gol.
È in quel momento che il maxischermo si spegne, mentre Camoranesi si avvicina al dischietto: schermo nero e muto. I ragazzi della prima fila cominciano a correre verso i bar (e i responsabili del Pd cominciano a correre verso un altro pianeta).
Qualcuno accende la radio sul telefonino e dice: gol!
Poi all’improvviso torna l’audio, solo l’audio, e dai bar ritornano correndo i ragazzi della prima fila (i responsabili del Pd no).
Sta per tirare Guiza: esultano Civoli e Bagni, la piazza capisce che non è gol (parato? fuori? chi può dirlo, se lo hanno detto i conduttori, non si è sentito).
Torna la speranza, ma non ancora il video: lo schermo è acceso ma in caricamento. I conduttori ci informano che va a battere Di Natale e trecento persone guardano uno telo bianco che parla: parato.

Mentre va a battere Fabregas ritornano le immagini e anche quelli del Pd (rinviata la partenza dello Shuttle, purtroppo): bisogna pulire la piazza se no Alemanno si incazza.

open source

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una chiesa di campagna, un abbraccio fraterno e poi il sole che irrompe sulla festa. una vecchia cinquecento, tonache e turbanti, vino bianco, la ricetta della torta, l’erba ancora umida che non ci si può stendere, un pacchetto di sigarette abbandonato vicino alle bomboniere. poi reggio emilia bai nait, i dossi artificiali, niente destra, né sinistra; esco a prendere il giornale (e un fiore). e ancora un altro treno, l’attesa e poi l’eco di un’altra festa, a lecce.
la settimana è cominciata all’insegna della leggerezza, c’è adrenalina, nell’aria, domani arriva l’anticiclone, dicono.

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a breve metteranno anche il coprifuoco.

sono giorni che non scrivo più perché è difficile, a volte, trovare le parole giuste. non che non ci abbia provato, in questi giorni, ma alla fine è prevalso il dubbio che le parole, in alcune circostanze, non aiutino.
sono giorni che non leggo i blog che ho linkato tra i "friends of mine" anche se non tutti sono amici, anzi, qualcuno nemmeno lo conosco di persona. poi oggi sono passato per caso da squonk e si parlava di parole: belle parole e parole non dette. lì, in quel post,
ho ritrovato i miei pensieri di questi giorni.
le parole no: quelle, per adesso, stanno bene dove stanno.

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